Mercoledi 10 dicembre2008. ore 18,30
presso Libreria Gilgamesh
Via Oberdan 45
Taranto
presso Libreria Gilgamesh
Via Oberdan 45
Taranto
Pierfranco Bruni
presenta il libro
La poetica e il linguaggio di Sandro Penna
Tra sogno, grecità ed eros
Introduce: Tommaso Anzoino
L’esperienza poetica di Sandro Penna si colloca nella temperie culturale di un’Italia caratterizzata dalle avanguardie e dalle riviste. Interessante fu, infatti,la sua attività durante il periodo rondista ed il suo “particolare” rapporto con gli Ermetici di cui ha condiviso l’orizzonte formativo più che la vera e propria poetica. Sandro Penna scopre la propria vocazione per la poesia intorno ai ventidue anni, ma la sua prima raccolta risale al 1939. Era nato nel 1906 a Perugia. Dopo varie peregrinazioni e disagiati spostamenti approda a Roma, città dei perduti sogni. Lo stesso Penna, in una conversazione l’ha definita l’“amante” buona e capricciosa, vi muore il 21 gennaio 1977 nella sua casa-casbah. La poesia di Penna si innalza come a spigoli, come voce pura e fragile, malinconica e triste in un vento che ha preceduto burrasche e tempeste dove il ricordo sempre presente ha lasciato e lascia piaghe e ferite profonde. Un risvolto doloroso, insondabile, pieno di mistero e di esperienza umana che riguarda maggiormente la sua “poesia vissuta” più che la sua “poesia scritta” caratterizzata dallo svolgersi di un mondo artistico ed esistenziale fatto di figure scolorite, lasciate sempre all’ombra del “male”, del dramma, delle tragedie.
L’esperienza poetica di Sandro Penna si colloca nella temperie culturale di un’Italia caratterizzata dalle avanguardie e dalle riviste. Interessante fu, infatti,la sua attività durante il periodo rondista ed il suo “particolare” rapporto con gli Ermetici di cui ha condiviso l’orizzonte formativo più che la vera e propria poetica. Sandro Penna scopre la propria vocazione per la poesia intorno ai ventidue anni, ma la sua prima raccolta risale al 1939. Era nato nel 1906 a Perugia. Dopo varie peregrinazioni e disagiati spostamenti approda a Roma, città dei perduti sogni. Lo stesso Penna, in una conversazione l’ha definita l’“amante” buona e capricciosa, vi muore il 21 gennaio 1977 nella sua casa-casbah. La poesia di Penna si innalza come a spigoli, come voce pura e fragile, malinconica e triste in un vento che ha preceduto burrasche e tempeste dove il ricordo sempre presente ha lasciato e lascia piaghe e ferite profonde. Un risvolto doloroso, insondabile, pieno di mistero e di esperienza umana che riguarda maggiormente la sua “poesia vissuta” più che la sua “poesia scritta” caratterizzata dallo svolgersi di un mondo artistico ed esistenziale fatto di figure scolorite, lasciate sempre all’ombra del “male”, del dramma, delle tragedie.
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